Uno nuovo scanner per prevedere gli attacchi di cuore

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Un gruppo di ricercatori scozzesi ha messo a punto un test che vede le placche di grasso e rivela il rischio di attacchi cardiaci

Arriva dalla Scozia un test rivoluzionario, che dura circa 20 minuti ed è capace di leggere nel futuro, indovinando con una certa precisione la propensione imminente ad avere un infarto. Si tratta di un sistema capace di vedere ed evidenziare le placche, ovvero i depositi di grasso nei vasi arteriosi che spesso sono responsabili di infarti. Lo hanno messo a punto gli scienziati dell’Università di Edimburgo in una ricerca pubblicata su Lancet ed è in grado appunto di fotografare eventuali placche nelle arterie che ostruiscono il flusso sanguigno. I depositi di grasso rappresentano un duplice fattore di rischio in quanto già la loro presenza può ridurre il lume delle arterie e per di più possono per svariate ragioni disgregarsi. Questo fenomeno mette in gioco altri due pericoli perché da un lato i frammenti adiposi possono raggiungere vasi più piccoli e ostruirli, dall’altro a seguito della rottura interviene il processo di coagulazione che determina un’ulteriore riduzione del lume arterioso.

IL SISTEMA – Il piccolo campione sottoposto alla scannerizzazione dei vasi sanguigni cardiaci è stato di 40 pazienti che avevano subito un attacco cardiaco e 40 che soffrivano di angina. Nel primo gruppo in ben 37 casi la causa dominante era dipesa dall’esistenza di placche ostruenti. I ricercatori hanno utilizzato in un primo momento la tomografia a emissione di positroni (nota anche come PET e ampiamente usata per individuare i tumori) per tracciare le placche pericolose associandola poi a immagini ad alta risoluzione del cuore e dei vasi sanguigni per tentare di predire la possibilità di un infarto.

ZONE PERICOLOSE – Occhio alle zone rosse e gialle, dunque, come spiega il coautore della ricerca Marc Dweck alla Bbc, perché corrispondono alle placche sulle pareti arteriose. “Anche se non tutte le placche causeranno un infarto”, aggiunge Dweck. Nel caso poi in cui lo scanner identifichi zone a rischio è consigliata una terapia preventiva, a base di cardioaspirina o statina o in taluni casi uno stent che renda le arterie maggiormente pervie. Nel mondo occidentale l’attacco cardiaco è il killer numero uno ed è evidente che trovare un modo per poter identificare tempestivamente le situazioni a rischio cambierebbe radicalmente lo scenario.

IL PARERE DELL’ESPERTO – Secondo il dottor Daniele Andreini, direttore dell’Unità di TAC Cardiovascolare del Monzino, questo test, che combina un approccio anatomico con un approccio metabolico, potrebbe costituire una valida soluzione per identificare le cosiddette placche instabili, ovvero quelle con caratteristiche metabolicamente più attive. “In questo caso la PET, normalmente utilizzata in ambito cardio per valutare la vitalità del miocardio, verrebbe associata a un marcatore radioattivo in grado di individuare la placca che ha maggiori probabilità di sfociare in un infarto del miocardio”, spiega Andreini, commentando in tono positivo l’intuizione dei ricercatori di Edimburgo. “Certo non siamo ancora del tutto pronti ad avere la chiave definitiva per identificare le placche instabili – aggiunge Daniele Andreini – ma la possibilità di mettere a fuoco le placche calde sarebbe un grande passo in avanti in quello che è il sogno della cardiologia, ovvero la possibilità di identificare tempestivamente e preventivamente le lesioni responsabili dell’infarto del miocardio proteggendo in questo modo i pazienti a rischio”.

FONTE CORRIERE.IT

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