Infarto vs Covid-19

infarto covid-19

Ciao a tutti.

Se da un lato sono molto felice per l’inizio della Fase 2 e quindi la ripresa graduale delle attività che coinvolgono tutti noi, dall’altro lato sono molto preoccupato, e vi spiego perché.

Inutile, soffermarsi su tutte le raccomandazioni per affrontare la Fase 2 in sicurezza e tutte le precauzioni che necessitano per combattere il virus che stiamo cercando di sconfiggere e debellare, vi avranno riempito la testa su come dobbiamo affrontare il nostro ritorno in società.

Mi soffermo, invece, su questo articolo di “Repubblica” che mi ha colpito molto e mi ha fatto preoccupare e anche arrabbiare. (potete leggerlo qui sotto)

Ma è possibile che ancora dobbiamo aspettare la conversione in legge del “disegno legge” che prevede l’obbligatorietà dei defibrillatori? Ogni giorno abbiamo dichiarazioni trionfalistiche perché riusciamo a diminuire i contagi, riusciamo a fare in modo che le cure siano un po’ più efficaci, persino i decessi stanno calando…e questo è un bene, è fantastico.

Ma, pur avendo a portata di mano un qualcosa che ci aiuterebbe a prevenire e curare un attacco cardiaco…. non diamo il giusto peso a questa situazione, e non ci ricordiamo un dato essenziale e spaventoso: ogni anno si verificano circa 60.000 attacchi cardiaci. Non è il caso di prendere coscienza e darci da fare? Adottiamo un defibrillatore

Continuerò senza sosta la mia battaglia, fino alla fine e fino a quando non vi sarà una legge ad hoc per la prevenzione e il pronto intervento in caso di attacco cardiaco.

Ecco l’articolo che mi ha preoccupato:

ROMA – Non ci sono solo le vittime dirette della pandemia. In piena emergenza Covid-19 è triplicata la mortalità per infarto. E questo boom si è legato nella maggior parte delle volte al mancato trattamento o a un trattamento tardivo.

L’allarme arriva dai cardiologi della Sic (Società italiana di cardiologia) e si basa sui numeri contenuti in uno studio multicentrico nazionale – il primo italiano – condotto in 54 ospedali valutando i pazienti acuti ricoverati nelle Unità di terapia intensiva coronarica (Utic) nella settimana tra il 12 e il 19 marzo – quando l’Italia era alle prese con lo tsunami di malati provocato dal nuovo coronavirus – e confrontando la mortalità con quella dello stesso periodo dello scorso anno.

Lo studio targato Sic, che in corso di pubblicazione sulla rivista ‘European Heart Journal’, “durante il periodo Covid ha registrato una mortalità tre volte maggiore rispetto allo stesso periodo del 2019, passando al 13.7% dal 4.1 % – afferma Carmen Spaccarotella, co-autrice del lavoro – Un aumento dovuto nella maggior parte dei casi a un infarto non trattato o trattato tardivamente. Infatti, il tempo tra l’inizio dei sintomi e la riapertura della coronaria durante il periodo Covid è aumentato del 39%. Questo ritardo è spesso fatale perché nel trattamento dell’infarto il tempo è un fattore cruciale. L’età media di questi pazienti è stata di 65 anni”.

 “Se questa tendenza dovesse persistere e a rete cardiologica non sarà ripristinata, ora che è passata questa prima fase di emergenza a, avremo più morti per infarto che di Covid-19”: è il grido d’allarme del presidente della Società Italiana di Cardiologia, Ciro Indolfi.

“L’organizzazione degli Ospedali e del 118 in questa fase è stata dedicata quasi esclusivamente al Covid-19 – spiega – e molti reparti cardiologici sono stati utilizzati per i malati infettivi e per timore del contagio i pazienti ritardano l’accesso e arrivano in condizioni sempre più gravi, con complicazioni, che rendono molto meno efficaci le cure salvavita come l’angioplastica primaria. Se questa tendenza dovesse persistere e a rete cardiologica non sarà ripristinata, ora che è passata questa prima fase di emergenza, avremo più morti per infarto che di Covid-19”.

(fonte  : La Repubblica )

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