Storie di vite salvate al telefono con un’infermiera del 118
L’Italia è ancora molto indietro nella distribuzione dei defibrillatori nei luoghi pubblici, mentre sono numerose le richieste di soccorso per crisi cardiache
Si può salvare una vita al telefono, grazie a chi – sempre più spesso – trova la forza di fermarsi in strada, o su un autobus, o in un locale pubblico, e praticare il massaggio cardiaco a una persona a terra. Accade sempre più spesso, aspettando l’arrivo dell’ambulanza, ed è un segnale che fa sperare.
Alla centrale operativa del 118 raccontano di diverse vite strappate alla morte così, spiegando passo passo, alla cornetta, come si cerca di far ripartire un cuore che si è fermato.
Patrizia Bosco, una delle infermiere professionali che lavorano nella centrale operativa dell’emergenza sanitaria, ha spiegato a una maestra di scuola materna come rianimare un bimbo di 3 anni con una malformazione cardiaca caduto in classe mentre giocava con i compagni. E quella maestra ha salvato la vita al bimbo. Pochi giorni fa, sempre la stessa infermiera, ha spiegato a una moglie – con calma, ma senza perdere un istante – come praticare il massaggio cardiaco al marito di 50 anni crollato a terra al Bricocenter di Venaria. Anche quest’uomo, come il bambino di 3 anni, oggi è vivo. Mercoledì mattina un’altra infermiera del “118” ha guidato a distanza le mani dell’autista di un autobus mentre in corso Orbassano cercava di rianimare una passeggera colpita da infarto. La donna non ce l’ha fatta, ma per quasi dieci minuti l’autista ha resistito, con tutte le forze, senza mai rallentare, sostenuto dalla voce e dalle indicazioni dell’infermiera, mentre l’ambulanza si faceva largo nel traffico caotico per raggiungere l’autobus. E il suo gesto ha comunque un valore immenso.
Dicono alla centrale 118 di Torino:
“Capita mediamente due volte al giorno di guidare una manovra di rianimazione: nel 20 per cento dei casi si salva una vita”.
Poi ci sono i parti assistiti a distanza, 6 o 7 l’anno, come anche i casi in cui l’infermiere o l’infermiera di centrale spiega al telefono come liberare la gola di un bimbo o di un adulto che stanno soffocando.
Dal telefono della centrale “118” partono ogni giorno anche chiamate così, mentre agli infermieri continuano ad arrivare invece le telefonate degli scherzi stupidi di chi impegna inutilmente un’ambulanza, oltre a medici e infermieri che potrebbero soccorrere un’altra persona da qualche altra parte.
L’Italia è ancora molto indietro nella distribuzione – e nell’addestramento – dei defibrillatori nei luoghi pubblici. Per questo una telefonata può fare la differenza:
“Le domande che facciamo quando arriva una richiesta di soccorso sono fondamentali per capire quale tipo di equipaggio inviare. Chi risponde è sempre un infermiere professionale che sa che cosa è necessario fare e cosa bisogna conoscere per inviare l’equipaggio più adatto a quel tipo di emergenza. Purtroppo chi sta dall’altra parte del telefono pensa in genere si tratti di un centralinista, e le domande siano soltanto un’inutile perdita di tempo. Così si agita fino ad aggredirci verbalmente: “Non fate domande, mandate l’ambulanza…”. Invece quelle informazioni sono fondamentali, mentre l’ambulanza è già in viaggio”.
Un minuto può fare la differenza.
“Per questo motivo – in strada – tentare la rianimazione sotto la guida dell’infermiere della centrale 118 può davvero salvare una vita”.
Attraverso un telefono cellulare – se si ha la forza di agire e la sensibilità di non voltarsi dall’altra parte – si può salvare una persona che neppure l’ambulanza più veloce potrebbe strappare alla morte.