Il defibrillatore poteva salvare Morosini

piermarino morosini

C’era un DAE ma non è stato usato

Son passati più di quattro anni dal quel pomeriggio in cui Piermario Morosini, calciatore del Livorno, si accasciò al suolo mentre giocava una partita di campionato allo stadio Adriatico di Pescara. Da quel giorno si aprì un dibattito sulla prevenzione nello sport che dura fino ad oggi, anche se il decreto Balduzzi, che sancisce l’obbligo della dotazione dei defibrillatori semiautomatici negli impianti sportivi, non è ancora entrato in vigore.

La convinzione che Piermario poteva essere salvato si è sempre rafforzata in questi anni man mano che alcuni dettagli del processo per la sua morte venivano alla luce. In quel momento, mentre il calciatore stava morendo, c’erano tre defibrillatori allo stadio, però nessuno pensò di utilizzarli. Inoltre, la rabbia aumenta se si pensa che l’ingresso dell’ambulanza venne ritardato dalla presenza di una vettura della polizia municipale che ostruiva l’accesso.

Condannati tre medici per omicidio colposo

Il 13 settembre scorso il giudice monocratico di Pescara D’Arcangelo ha inflitto un anno al medico del 118 di Pescara Molfese e otto mesi al medico sociale del Livorno Porcellini e al medico del Pescara Sabatini. I tre sono stati anche condannati, insieme alla Asl di Pescara e alla Pescara Calcio, al pagamento di una provvisionale di 150mila euro.

Secondo l’accusa “il dottor Molfese è in colpa grave e inescusabile, perché, essendo il medico con la formazione più adeguata, aveva il dovere di intervenire, invece ha consentito allo spostamento sconsiderato di Morosini sulla barella e non ha proceduto all’utilizzo del defibrillatore”. Secondo il Il pm Varone “è inaccettabile che quando esiste una chance chi ha il dovere di agire non agisca”.

Dopo una disperata corsa in ambulanza, Piermario smise di respirare e morì nell’ospedale civile di Pescara. Il giocatore, secondo l’accusa, avrebbe avuto una chance in più di sopravvivere se il defibrillatore fosse stato utilizzato. Il decesso, secondo l’autopsia, venne causato da un arresto cardiaco dovuto ad una cardiomiopatia aritmogena.

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